Cado da una scaletta senza strisce antiscivolo e non avrò il risarcimento...perchè?

La Corte di Cassazione ha escluso il risarcimento del danno in favore del danneggiato che era caduto da uno scalino di una scaletta di ferro con mancata applicazione delle strisce antiscivolo. Cass. civ. 7 gennaio 2016 n. 56.



La Corte di Cassazione con sentenza del 7 gennaio 2016 n. 56 si è pronunciata in relazione ad una richiesta di risarcimento danni il risarcimento in favore di un danneggiato, che era caduto da uno scalino di una scaletta di ferro che consentiva la discesa a mare, atteso che il fatto che sugli ultimi gradini della scala non fossero state applicate strisce antiscivolo non era incompatibile con una struttura dei gradini di per se predisposta per evitare di scivolare.

Andiamo per ordine e analizziamo la responsabilità da cose in custodia di cui all'art. 2051 c.c. 

Si ha responsabilità contrattuale ai sensi dell'art. 1218 c.c. nel caso di obbligazioni derivanti da contratto ex art. 1321 ss c.c. o da ogni altro atto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico: in tale tipo di responsabilità i soggetti sono legati da un vincolo contrattuale e l'art. 1218 c.c. pone a caricodel debitore la prova dell'inadempimento che si libera provando che l'impossibilità della prestazione è derivata da causa a lui non imputabile.

In tema di inadempimento contrattuale, inoltre, il risarcimento del danno riveste una funzione sostitutiva della prestazione manacata e dunque il pregiudizio conseguente è dovuto alla mancata acquisizione di un bene.

La responsabilità extracontrattuale è disciplinata dall'art. 2043 c.c.e presuppone l'esistenza di un evento dannoso, di un danno ingiusto valutabile in ordine ad interessi rilevanti per l'ordinamento giuridico e del nesso di causalità tra l'evento e il danno.

Il risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c. ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo.

La responsabilità alla base della domanda risarcitoria nel caso de qua ha natura extracontrattuale ed è ravvisabile nell'art. 2051 c.c.

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale.

Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno.

Il danneggiato aveva chiamato in causa il Comune competente per responsabilità da cose in custodia.

Sulla responsabilità della Pubblica Amministrazione per cose in custodia si è molto dibattuto.

Un orientamento tradizionale dottrinrio, poi seguito da recente giurisprudenza, riteneva applicabile alla responsabilità ex art. 2051 c.c., in particolare alla P.A. per manutenzione di strade pubbliche l'art. 2043 c.c. con conseguente onere della prova garvante sul danneggiato.

Secondo tale orientamento è inapplicabile l'art. 2051 c.c. per l'impossibilità in concreto da parte della P.A. dell'effettiva custodia del bene demaniale.

Orientamento giurisprudenziale più recente ha statuito l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. nel caso di beni di non rilevanti proporzioni e per cause dovute ad insidia o trabocchetto. Secondo tale indirizzo la responsabilità della P.A. sarebbe configurabile come responsabilità oggettiva e l'onere della prova a carico del danneggiato riguarderebbe solo la verificazione dell'evento dannoso e del nesso di causalità.

Recentissima giurisprudenza è approdata alla soluzione che propende per la piena applicabilità dell'art. 2051 c.c.: la P.A. risponderebbe dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente manutenzione delle strade di cui è proprietaria o custode salvo che ne dia la prova del caso fortuito (Cass. 3651/2006).

La nozione di custodia non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire come quello previsto per il depositario, infatti la funzione ex art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità al soggetto che si trovi nella posizione di controllare i rischi della cosa.

Applicare ad esempio l'art. 2043 in luogo dell'art. 2051 seguendo il primo orientamento si tradurrebbe in un ingiustificato privilegio per la P.A. in quanto richiederebbe al danneggiato un "quid pluris" rispetto a quanto previsto dalla norma anche alla luce dei principi generali a cui è ispirato l'ordinamento teso a favore di colui che ha subito la lesione in quanto portatore di unha situazione soggettiva rilevante.

Per quanto concerne l'eventuale colpa del danneggiato nel verificarsi dell'evento lesivo spetta all'ente proprietario provare che l'infortunio poteva essere evitato con una ordinaria diligenza del danneggiato.

A tal riguardo la Corte Territoriale aveva già evidenziato che il particolare luogo in cui era avvenuto l'infortunio fosse un luogo che richiedeva da parte dei fruitori una particolare attenzione ad esso adeguata.

La Corte di Cassazione ha così escluso il risarcimento del danno in favore del danneggiato.

LA MASSIMA

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. Cass. 7 gennaio 2016 n.  56.

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