Covid-19 e affitto di locale commerciale: è ipotizzabile la sospensione del pagamento del canone?

Nessuna sospensione del canone ma è configurabile una adeguata riduzione temporanea del canone per "impossibilità della prestazione".



Breve analisi sull'ordinanza del Tribunale di Roma del 29 maggio 2020

A cura dell'Avv. Augusto Careni

In applicazione delle normative emergenziali dovute al Covid-19, al Tribunale di Roma vengono sottoposte due questioni inerenti il contratto di affitto di locali commerciali e il relativo canone mensile:

1) viene richiesta la sospensione del pagamento del canone mensile sulla quale il Tribunale adito osserva che la normativa emanata in fase emergenziale non offre elementi utili per propendere verso l'adozione di un provvedimento di sospensione del canone, ciò in quanto non vi è alcuna norma di carattere generale che preveda una sospensione dell’obbligo di corrispondere i canoni di locazione.

L’assenza, da un lato, di una norma generale che detti una disciplina per tutti i rapporti di durata e la presenza, dall’altro, di una miriade di regole speciali (sospensione dei termini di versamento di alcune imposte; proroga dei termini di pagamento delle rate di mutuo e dei finanziamenti; sospensione dei termini processuali) impone di prendere atto che il legislatore ha inteso, in relazione a talune, pur numerose, fattispecie, assumere iniziative di agevolazione ma nulla ha voluto disporre in ordine al quantum ed al quando del pagamento dei canoni di locazione commerciale o di affitto di azienda.

Il Tribunale ritiene quindi non applicabile alcuna norma sospensiva dell’obbligo di pagamento di canoni di affitto di azienda tratta dalla disciplina emergenziale, per la ragione che una norma in tal senso non esiste.

Non può soccorrere in tal senso neanche il richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., in quanto il principio della buona fede oggettiva si concretizza nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell'interesse della controparte e nel porsi come limite di ogni situazione, attiva o passiva, negozialmente attribuita, determinando così integrativamente il contenuto e gli effetti del contratto.

La buona fede pertanto, si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell'altra parte (in tal senso cass. civ. 13345/2006).

Se è certamente possibile, quindi, far discendere da tale disposizione un obbligo di collaborazione di ciascuna delle parti alla realizzazione dell’interesse della controparte quando ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a suo carico, assai arduo ed in definitiva impercorribile appare invece il tentativo di dilatarne l’ambito applicativo sino a toccare in modo sensibile le obbligazioni principali del contratto, a partire dai tempi e dalla misura di corresponsione del canone, poichè si tratterebbe, del resto, di esito interpretativo che rischierebbe di minare la possibilità, per le parti, di confidare nella necessaria stabilità degli effetti del negozio nei termini in cui l’autonomia contrattuale li ha determinati.

Non manca nella pronuncia del Tribunale capitolino anche la verifica sulla eventuale applicabilità dell'art. 1467 c.c. in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta, che però viene esclusa trattandosi di rimedio incompatibile con la conservazione del contratto, ma idoneo solo a provocarne lo scioglimento.

2) Altra questione analizzata dal Tribunale di Roma riguarda l’eccepita impossibilità della prestazione, ovvero il venir meno dell’obbligazione avente ad oggetto il corrispettivo per l’impossibilità di utilizzare la prestazione contrattuale da parte dell'affittuario, nel caso concreto del non poter usufruire dei locali presso cui l’attività aziendale viene svolta.

E' circostanza pacifica che dalla data dell’11 marzo 2020 e sino al 18 maggio 2020 l’attività di commercio al dettaglio di beni diversi da generi alimentari sia stata sospesa sul territorio nazionale e che, dunque, il bene-azienda locato non abbia potuto, in quel periodo, essere utilizzato per l’uso pattuito.

Occorre, pertanto, chiedersi quali siano le conseguenze di tale divieto sul regolamento contrattuale ed in particolare sull’obbligo di corrispondere il canone pattuito.  

La soluzione alla questione risiede, secondo il Tribunale romano, in una applicazione combinata sia dell’art. 1256 c.c. (norma generale in materia di obbligazioni) che dell’art. 1464 c.c. (norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive).

Nel caso di specie ricorre difatti una (del tutto peculiare) ipotesi di impossibilità della prestazione della resistente allo stesso tempo parziale (perché la prestazione della resistente è divenuta impossibile quanto all’obbligo di consentire all’affittuario, nei locali aziendali, l’esercizio del diritto a svolgere attività di vendita al dettaglio, ma è rimasta possibile, ricevibile ed utilizzata quanto alla concessione del diritto di uso dei locali, e quindi nella più limitata funzione di fruizione del negozio quale magazzino e deposito merci) e temporanea (perché l’inutilizzabilità del ramo di azienda per la vendita al dettaglio è stata ab origine limitata nel tempo, per poi venir meno dal 18 maggio 2020).

La conseguenze di tale vicenda sul contratto non sono dunque né solamente quelle della impossibilità totale temporanea (che comporterebbe il completo venir meno del correlato obbligo di corrispondere la controprestazione), né quelle della impossibilità parziale definitiva (che determinerebbe, ex art. 1464 c.c., una riduzione parimenti definitiva del canone). 

Trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c. una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della
resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita.

In conclusione, il Tribunale di Roma ha ritenuto che avendo il locatore potuto eseguire (pur senza colpa, ma
per factum principis) dall’11 marzo al 18 maggio 2020 una prestazione solo parzialmente conforme al regolamento contrattuale, la ricorrente abbia diritto ex art. 1464 c.c. ad una riduzione del canone limitatamente al solo periodo di impossibilità parziale, riduzione da operarsi, nella sua determinazione quantitativa, avuto riguardo:

a) alla sopravvissuta possibilità di utilizzazione del ramo di azienda nella più limitata funzione di ricovero delle merci, correlata al diritto di uso dei locali;

b) al fatto che è il ramo di azienda è pur sempre rimasto nella materiale disponibilità della ricorrente.

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