CIVILE. La ripetizione di indebito. Focus giurisprudenziale (Maggio 2013 - Maggio 2014).



LA RIPETIZIONE DI INDEBITO

Focus Giurisprudenziale. (Periodo: Maggio 2013 – Maggio 2014).

(Contributo inviato in anteprima agli iscritti alla newsletter)

A cura del Dott. Paolo Rullo – Funzionario Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

1. La disciplina codicistica.

2. Focus giurisprudenziale (Periodo: Maggio 2013 – Maggio 2014).

1. La disciplina codicistica sulla ripetizione di indebito.

Ai sensi dell’art. 2033 c.c. chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato; ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda. Il pagamento dell’indebito è dunque l’atto con cui taluno esegue un pagamento non dovuto: tale atto dà luogo ad un’obbligazione di restituzione.

L’indebito c.d. oggettivo si ha quando il solvens paga un debito che non esiste oppure paga un debito cui è tenuto ma ad una persona che non ha diritto al pagamento (indebito ex persona creditoris).

L’indebito c.d. soggettivo si ha quando il solvens, che non è debitore, paga ad un creditore quanto a costui è dovuto da un terzo: in tale caso, al contrario dell’indebito oggettivo, il credito esiste ma chi paga non è il debitore.

La giurisprudenza ha più volte confermato che l’art. 2033 c.c., pur essendo formulato con riferimento alle ipotesi di indebito oggettivo sopravvenuto per essere venuta meno, in dipendenza di qualsiasi ragione, in un momento successivo al pagamento, la causa debendi. (Cass. Sez. Un. n. 5624 del 09 marzo 2009)

. Il termine “pagamento”, di cui all’art. 2033 c.c., non è riferito solo ad una somma di denaro bensì è comprensivo dell’effettuazione di ogni prestazione derivante da un vincolo obbligatorio, che risulti a posteriori non dovuta, abbia essa ad oggetto un dare o un facere e ciò sia alla luce della disciplina dell’istituto, chiaramente concernente anche cose determinate diverse dal denaro, sia in base alla ratio degli artt. 2033 e seg. c.c., diretti ad apprestare un rimedio giuridico completo per tutte le situazioni in cui un’attribuzione patrimoniale a favore di taluno sia stata eseguita senza una giustificata ragione giuridica. (cfr. Cass. n. 2029 del 02 aprile 1982).

Per quanto concerne la prova, proposta domanda di ripetizione dell’indebito, l’attore ha l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una “probatio diabolica” esigere dall’attore la dimostrazione dell’inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra solvens e accipiens. (Cass. 25 gennaio 2011 n. 1734).

Alla ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. è applicabile l’ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 dello stesso c.c.

2. Focus giurisprudenziale sulla ripetizione di indebito

L'accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un'azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data del pagamento. Cass. civ. n. 10250 del 12 maggio 2014.

In tema di pagamento senza titolo, con conseguente obbligo di restituzione, l'azione prevista per recuperare la somma è quella esperibile ai sensi dell'art. 2033 c.c. (pagamento dell'indebito) e non quella prevista dall'art. 2041 c.c., che disciplina la situazione di arricchimento senza causa. Cass. civ. n. 8594 del 11 aprile 2014.

L'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, che decorre, nell'ipotesi i cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta d'interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Cass. civ. n. 6857 del 24 marzo 2014.

L'azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. ha carattere restitutorio e non, come l'azione di arricchimento senza causa, di reintegrazione dell'equilibrio economico. La restituzione, pertanto, presuppone che la prestazione abbia avuto ad oggetto una somma di denaro ovvero cose di genere ovvero una cosa determinata. È quindi evidente che una prestazione di facere non è suscettibile di restituzione; né d'altro canto è possibile fare riferimento al suo equivalente monetario stabilito dalle parti, posto che l'indebito presuppone che il 'pagamento' non sia dovuto e che ad esso, perciò, non siano riferibili valide ed efficaci determinazioni delle parti circa il valore economico della prestazione. Quest'ultimo, invece, viene in rilevo, in un'ottica di reintegrazione e nei limiti dell'arricchimento e dell'impoverimento, non sulla base della determinazione fattane dalle parti, ma sulla base di una valutazione oggettiva. Cass. civ. n. 6747 del 21 marzo 2014.

Il pagamento sull’erroneo presupposto dell’esistenza di un debito, realizza un pagamento non dovuto, poiché l’ “accipiens” non è creditore di chi lo effettua. La fattispecie è perciò qualificabile come indebito soggettivo “ex latere accipientis”, sicché deve applicarsi la disciplina dell’indebito oggettivo, poiché la circostanza che l’ “accipiens” fosse effettivamente creditore della somma incassata è in concreto irrilevante . Tribunale Milano n. 3574 del 13 marzo 2014.

Quando la domanda di ripetizione di indebito viene proposta postulandosi, sia pure al fine di ottenere la condanna alla prestazione in restituzione dell'indebito, l'accertamento dell'inesistenza dell'obbligazione in adempimento della quale si è eseguita la prestazione indebita o sotto il profilo soggettivo o sotto quello oggettivo, l'oggetto della domanda è complesso, nel senso che il giudice adito deve:

a) prima accertare l'inesistenza dello specifico rapporto obbligatorio in esecuzione del quale avvenne la prestazione o l'inesistenza di qualsivoglia rapporto obbligatorio giustificativo di tale esecuzione, per il fatto che nessun rapporto obbligatorio esisteva con alcuno (indebito oggettivo) o l'inesistenza del rapporto obbligatorio con il percettore della prestazione e, quindi, la riferibilità del rapporto obbligatorio pur esistente a soggetto diverso da quello in favore del quale è stata eseguita la prestazione;

b) e solo dopo tale accertamento provvederà sull'obbligazione restitutoria, che è un effetto conseguente a quell'accertamento. Tribunale Salerno n. 542 del 17 febbraio 2014.

Il fondamento della ripetizione dell'indebito consiste nell'assenza di un rapporto giuridico tra le parti e il diritto di ripetere la prestazione ex art. 2033 c.c. trova la sua giustificazione nell'inesistenza della ragione d'essere del dovere della prestazione, nel difetto, cioè della causa dell'obbligazione di pagare. In particolare, l'azione restitutoria va ricondotta allo schema dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., il quale ricorre tutte le volte in cui vi sia difetto di obbligazione o perché il vincolo non è mai sorto, o perché è venuto meno successivamente per effetto dell'annullamento del provvedimento concessorio, ovvero per difetto di rescissione, inefficacia di un contratto connessa ad una condizione risolutiva avveratasi. Conseguentemente, la verifica e il recupero, da parte della P.A., costituiscono atti dovuti in ossequio alla normativa comunitaria e, in particolare, al Regolamento CE n. 2080 del 1992, attuato in Italia con il d.m. n. 494 del 1998, immediatamente precettivi per gli Stati membri cui si riferisce, senza che la buona fede del percepiens possa costituire ostacolo all'esercizio del potere- dovere di recuperare le relative somme, ai sensi dell'art. 2033 c.c., fatte salve, comunque, le modalità che non devono essere eccessivamente onerose. TAR Catanzaro n. 1164 del 17 dicembre 2013.

Sulle somme indebitamente riscosse dal Comune per oneri concessori spettano gli interessi legali dalla data della domanda (dovendosi presumere la buona fede dell'Amministrazione percipiente, stante anche le difficoltà interpretative nella materia de qua) ma non la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. TAR Trieste n. 649 del 12 dicembre 2013.

In materia di previdenza, in luogo del principio di incondizionata ripetibilità dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c., trova applicazione la diversa regola, improntata a criteri di equità e solidarietà, che esclude la ripetizione dell’indebito qualora si sia in presenza di un situazione di fatto che abbia come peculiarità la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta. Tribunale Arezzo del 10 dicembre 2013.

La revoca dei benefici e contributi ricevuti ai sensi della legge 28 febbraio 1986, n. 44, sull'imprenditoria giovanile, per inadempimento degli oneri assunti, può essere equiparata all'avveramento di una clausola risolutiva espressa, e, pertanto, è il soggetto finanziato è tenuto a provare i fatti impeditivi della revoca del finanziamento, così escludendo, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., la sua soggezione alla richiesta di restituzione del contributo come indebito oggettivo. Cass. civ. n. 26507 del 27 novembre 2013.

La disciplina degli effetti restitutori derivanti dall’accertamento dell’invalidità o della risoluzione del contratto deve essere tratta dalle norme sulla ripetizione dell’indebito oggettivo. Tribunale Roma n. 23086 del 18 novembre 2013.

In relazione al recupero delle somme sull'assegno di sede non può avere alcuna rilevanza l'affidamento del percipiente nell'operato della p.a. o il carattere non chiaramente provvisorio dell'erogazione, rilevando sempre, essenzialmente, la natura doverosa del comportamento dell'Amministrazione, tenuta a ripetere l'indebito (salve le modalità di ripetizione che non devono essere eccessivamente gravose) in applicazione dell'art. 2033 c.c., il quale esclude che al relativo atto possa attribuirsi natura provvedimentale e che, quindi, l'Amministrazione sia tenuta a fornire una specifica motivazione delle ragioni del recupero. TAR Roma n. 8847 del 15 ottobre 2013.

L'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non costituisce causa di illegittimità dell'atto, vincolato e non autoritativo, di recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione, in quanto resta ferma la possibilità per l'interessato di contestare errori di conteggio e la sussistenza dell'indebito, nonché di chiedere, nel termine di prescrizione, la restituzione di quanto trattenuto; ciò perché la superfluità dell'accertamento che l'obbligo di comunicazione sia stato adempiuto discende dal fatto che l'eventuale mancanza di detta comunicazione non influisce sulla debenza o meno delle somme, né sulla possibilità di difesa del destinatario, perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare-avere (paritetico), può sempre far valere le sue eccezioni contrarie all'esistenza del credito nell'ordinario termine di prescrizione. Non vale il richiamo dello stato soggettivo di buona fede del percipiente a mutare la doverosità del comportamento dell'Amministrazione nel recupero dell'indebito erogato, costituendo essa valenza propria dell'agire pubblico siccome discendente direttamente dalla diposizione dell'art. 2033 c.c. TAR Roma n. 8847 del 15 ottobre 2013.

Ai sensi dell'art. 2033 c.c., nei casi d'indebito oggettivo in cui la percezione delle somme sia avvenuta con affidamento e buona fede, il calcolo degli interessi sul credito principale decorre dalla data della domanda di restituzione dell'indebito. TAR Ancona n. 691 del 15 ottobre 2013.

Nel caso di concorso del coniuge superstite con quello divorziato, il diritto alla quota di reversibilità deve farsi decorrere dal primo giorno del mese successivo al decesso del coniuge assicurato o pensionato. Tale decorrenza nasce, per entrambi, nei confronti dell'ente previdenziale erogatore, onde a carico soltanto di quest'ultimo, e non anche del coniuge superstite che, nel frattempo, abbia percepito per intero e non "pro quota" il trattamento di reversibilità corrisposto dall'ente medesimo, debbono essere posti gli arretrati spettanti al coniuge divorziato, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso dell'ex coniuge, salva ovviamente restando la facoltà per l'ente previdenziale di recuperare dal coniuge superstite le somme versategli in eccesso, trattandosi di ipotesi di indebito oggettivo disciplinata dall'art. 2033 cod. civ. Cass. civ. sez. lav. n. 22259 del 27 settembre 2013.

In tema di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, nel caso in cui il creditore - del quale non sia controversa la qualità di imprenditore commerciale - deduca di aver subito dal ritardo del debitore nell'adempimento un pregiudizio conseguente al diminuito potere di acquisto della moneta, non è necessario, ai fini del riconoscimento del maggior danno ragguagliato alla svalutazione monetaria, che egli fornisca la prova di un danno concreto causalmente ricollegabile all'indisponibilità del credito per effetto dell'inadempimento, dovendosi presumere, in base all'"id quod plerumque accidit", che, se vi fosse stato tempestivo adempimento, la somma dovuta sarebbe stata utilizzata in impieghi antinflattivi per il finanziamento dell'attività imprenditoriale e, quindi, sottratta agli effetti della svalutazione. Cass. civ. n. 22096 del 26 settembre 2013.

In tema di pensione indebitamente corrisposta, trova applicazione non già la speciale disciplina dell'indebito previdenziale, bensì l'ordinaria disciplina dell'indebito civile, nell'ipotesi in cui l'I.N.P.S. abbia continuato ad erogare i ratei della pensione di invalidità, pur dopo il decesso del beneficiario, accreditandoli sul conto corrente cointestato al coniuge superstite, trattandosi di erogazione di somme estranee ad un rapporto previdenziale facente capo al percettore. Cass. civ. sez. lav. n. 21453 del 19 settembre 2013.

In tema di ripetizione di prestazione non dovuta da parte dell'ente previdenziale, in caso di inesistenza del rapporto pensionistico trova applicazione la disciplina generale dell'indebito, di cui all'art. 2033 c.c., propria dell'indebito oggettivo, trattandosi di pagamento effettuato senza titolo; resta esclusa l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 52 l. 88 del 1989, poiché essa presuppone. Ne deriva che, nella fattispecie in esame, resta irrilevante la buona fede dell' “accipiens”. Cass. civ. sez. lav. n. 21453 del 19 settembre 2013.

La disciplina speciale in materia di indebito previdenziale, in forza della quale le somme percepite dal soggetto "in buona fede" sono irripetibili, esige comunque l'esistenza di un reale rapporto previdenziale; diversamente, trova applicazione la regola generale dell'incondizionata ripetibilità dell'indebito di cui all'art. 2033 c.c.. Cass. civ. sez. lav. n. 21453 del 19 settembre 2013.

Nel caso in cui la P.A. sia condannata a restituire una somma indebitamente riscossa a titolo di oneri di urbanizzazione, sul relativo importo spettano gli interessi legali dalla data della domanda, ma non la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. TAR Milano n. 2172 del 18 settembre 2013.

In tema di risarcimento del danno per protesto illegittimamente sollevato, deve ritenersi che assuma efficacia causale esclusiva nella produzione del danno asseritamente subito la condotta di chi, a fronte della chiusura del rapporto di conto corrente, provvede comunque a versare una somma atta a coprire l'assegno successivamente protestato, atteso che l'avvenuta accettazione, da parte della banca, qualche giorno prima dell'emissione del titolo, di un versamento di importo pari a quello dell'assegno, in assenza di un rapporto contrattuale che giustifichi tale dazione, è tale da determinare in capo alla banca, quale indebito oggettivo, solo l'obbligo di restituzione previsto dall'art. 2033 c.c. ma non può in alcun modo fare ritenere legittimamente la parte autorizzato all'emissione di assegni sul conto corrente in questione in assenza di elementi che giustifichino l'avvenuta riapertura del conto corrente stesso. Cass. civ. n. 21163 del 17 settembre 2013.

Ai sensi dell'art. 2033, c.c., è diritto-dovere della pubblica amministrazione ripetere somme indebitamente erogate; di conseguenza, per un verso, l'affidamento del dipendente e la sua buona fede nella percezione non sono di ostacolo all'esercizio di tale diritto-dovere e, per altro verso, è irrilevante l'omessa osservanza della regola di partecipazione, tenuto conto che l'esito del procedimento non avrebbe potuto essere diverso, in applicazione del principio dettato dall'art. 21- octies, l. 7 agosto 1990 n. 241. Cons. St. n. 4513 del 12 settembre 2013.

La decadenza dal beneficio del contributo all'acquisto della prima casa, di cui all'art. 39 della legge regionale Friuli - Venezia Giulia 1 settembre 1982, n. 75, ove applicabile "ratione temporis", si determina in via automatica in caso di mancato rispetto dell'obbligo di residenza e dei divieti di locazione ed alienazione ivi previsti, venendo meno la ragione del finanziamento, che è quella di agevolare il privato all'accesso alla proprietà della casa in cui abitare, con conseguente nascita di un'obbligazione restitutoria riconducibile all'indebito oggettivo. Cass. civ. n. 20691 del 10 settembre 2013.

In materia di assegni familiari, il datore di lavoro ha una generale funzione sostitutiva dell'ente previdenziale, per conto del quale anticipa gli assegni ai propri dipendenti (compensando i relativi importi sulla misura globale dei contributi dovuti all'I.N.P.S. e versando cosi la sola eccedenza); ne deriva che, in caso di prestazioni indebitamente erogate al lavoratore e poste a conguaglio, il datore di lavoro è tenuto a recuperare le relative somme, trattenendole su quelle da lui dovute al lavoratore medesimo a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro, giusta la previsione dell'art. 24 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797. Cass. civ. sez. lav. N. 19261 del 20 agosto 2013.

L'affidamento e lo stato soggettivo di buona fede del pubblico dipendente nel percepire dall'Amministrazione di appartenenza somme a lui non dovute, nonché l'avvenuta destinazione delle somme alla soddisfazione delle esigenze della vita e gli effetti della ripetizione su tali esigenze, non costituiscono ostacolo al recupero dell'indebito, attesa la doverosità e necessarietà del comportamento dell'Amministrazione nel riavere quanto erogato ma non dovuto, in linea con il canone di buon andamento proprio dell'agire pubblico e nell'esercizio del potere/dovere nascente direttamente dal disposto dell'art. 2033 c.c.; di conseguenza, una volta accertato l'indebito stesso, l'Amministrazione non è tenuta a fornire alcun'altra motivazione in ordine agli elementi soggettivi in parola né ad effettuare una valutazione comparativa di tali elementi con l'interesse pubblico, atteso che gli elementi soggettivi predetti rilevano soltanto ai fini della determinazione delle modalità del recupero, le quali devono essere tali da non incidere sui bisogni essenziali della vita. Cons. St. n. 4429 del 04 settembre 2013.

Nel caso di condanna alla restituzione delle somme versate a titolo di oneri concessori, indebitamente riscosse dal Comune, spettano al privato gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale, ma non la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. TAR Milano n. 1872 del 16 luglio 2013.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, sul sostituto d'imposta (nella specie, datore di lavoro) grava una autonoma obbligazione tributaria che ha ad oggetto il versamento (a titolo di acconto) dell'imposta alla fonte: pertanto, se è vero che, nelle ipotesi in cui il sostituto non abbia operato la ritenuta d'acconto e abbia omesso il relativo versamento, il percettore (sostituito) ha l'obbligo di ovviare alla omissione, dichiarando i relativi proventi e calcolando l'imposta sull'imponibile, alla cui formazione quei proventi hanno concorso, siffatto obbligo del sostituito non fa, tuttavia, venir meno il distinto precedente obbligo del sostituto di provvedere al versamento della ritenuta di acconto e la sua legittimazione passiva - in caso di omesso versamento - rispetto all'azione dell'Amministrazione finanziaria tesa al recupero delle somme non versate. Ad evitare l'eventuale duplicazione del prelievo da parte dell'Amministrazione vi è non solo il rimedio della ripetizione di indebito, ma anche, in via preventiva, l'eccezione fondata sull'espresso divieto posto dall'art. 127 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Cass. civ. sez. trib. n. 16686 del 03 luglio 2013.

L'azione proposta dal comune, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., per la restituzione del contributo di ristrutturazione previsto dagli artt. 9 e 10 della legge 14 maggio 1981, n. 219 con riguardo ad eventi sismici, rappresenta un'azione restitutoria, non risarcitoria, a carattere personale, che riflette l'obbligazione insorta tra il "solvens" ed il destinatario, o i destinatari del pagamento privo di "causa adquirendi". Cass. civ. n. 17260 del 12 luglio 2013.

La sopravvenuta inefficacia di un contratto preliminare di compravendita, a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo, comporta, per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l'obbligo di restituzione, a norma dell'art. 2033 cod. civ., della cosa stessa e degli eventuali frutti ,"condictio indebiti ob causam finitam", non un'obbligazione risarcitoria per il mancato godimento del bene nel periodo successivo al compimento della prescrizione. Cass. civ. n. 16629 del 03 luglio 2013.

Sulle somme indebitamente riscosse dal Comune per oneri concessori spettano gli interessi legali dalla data della domanda, dovendosi presumere la buona fede dell'Amministrazione percipiente, stante anche le difficoltà interpretative nella materia in questione, ma non la rivalutazione monetaria, trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell'art. 2033 c.c. TAR Catania n. 1921 del 28 giugno 2013.

I provvedimenti di recupero di somme indebitamente corrisposte dall'Amministrazione ad un proprio dipendente sono vincolati, sicché, ai sensi dell'art. 21- octies , l. 7 agosto 1990 n. 241, l'eventuale mancanza della partecipazione al procedimento per omissione della comunicazione di avvio del procedimento non influisce sulla debenza o meno delle somme, né sulla possibilità di difesa del destinatario perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio e paritetico di reciproco dare-avere, può sempre far valere le proprie eccezioni contrarie all'esistenza del credito nell'ordinario termine di prescrizione; infatti, attraverso tali provvedimenti l'amministrazione esercita un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, ai sensi dell'art. 2033 c.c., in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. TAR Catania n. 1920 del 28 giugno 2013.

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