La tutela della dignità della persona durante la perquisizione personale.

Confronto e brevi riflessioni sulle previsioni normative in materia, contenute nel codice di procedura civile e nel codice di procedura penale.



A cura di Giulio La Barbiera

Abogado iscritto presso Ilustre Colegio de Abogados de Santa Cruz De La Palma (Spagna) ed Avvocato Stabilito iscritto presso l’Albo degli Avvocati Stabiliti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.

La Costituzione della Repubblica Italiana pone al centro dell’attenzione di ogni operatore del diritto il "valore uomo e donna" (sia con riferimento alle persone singolarmente intese che alle medesime come parte del consesso sociale ove si svolge la loro personalità ed all’interno del quale essi sono tenuti ad adempiere ai "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2, secondo comma, Cost.)).

A fronte dell’adempimento di tali doveri da parte del consociato (uomo e donna), lo Stato Italiano, s’impegna attivamente a "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini", così da consentire loro "il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3, secondo comma, Cost.). Realizzandosi questo obiettivo costituzionalmente sancito, si dimostra tangibilmente che: "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3, comma primo, Cost).

In altri termini: Lo Stato Italiano dimostra di essere concretamente una "Repubblica democratica fondata sul lavoro" (art. 1, primo comma, Cost.), nel momento in cui attiva tutto il complesso dei meccanismi socio-istituzionali che lo compongono e fa sì che sussista concretamente un rapporto di collaborazione simultanea (anzi sinallagmatica) tra ed esso (e le sue articolazioni territoriali e periferiche) ed il popolo che, in tal modo, è messo realmente in grado di esercitare la sovranità (intesa in senso ampio), "nelle forme e nei limiti della Costituzione" (art. 1, secondo comma, Cost.).

Vanno, tuttavia, evidenziati due aspetti importantissimi:

1) Il riferimento, riportato nella Costituzione della Repubblica Italiana, ai cittadini, va, oggigiorno, inteso con larghezza di vedute dato che viviamo in Italia quale Paese aderente all’Unione Europea, per cui, malgrado non si stata varata ancora la Costituzione Europea, sono ragionevolmente da ritenere, in un’accezione giuridico-comunitaria, cittadini tutti gli uomini e le donne abitanti e circolanti all’interno in Paesi aderenti all’UE, anche sotto l’aspetto della sottoposizione agli obblighi giudiziari (mentre un discorso più delicato e complesso va fatto, ma non in questa sede , per i cittadini provenienti dai Paesi non aderenti all’Ue) Tale processo di giurisdizionalizzazione di matrice europea integrata pur non essendo, per i motivi sopra evidenziati, pienamente effettivo, può però già essere messo gradualmente in atto,considerando le peculiarità di ogni singolo caso;

2) L’inciso "nelle forme e nei limiti della Costituzione" riferito all’esercizio della sovranità da parte del popolo all’interno del territorio della Repubblica Italiana, rischia, però, di rimanere una bella espressione carica di enfasi, ma priva di applicazione pratica, se non la si contestualizza fattivamente, di volta in volta in riferimento alle vicissitudini quotidiane della vita dei consociati.

Questa e la condicio sine qua non affinché la vigenza e l’operatività della Costituzione in Italia sia sostanziale e "legislativamente corretta" e non puramente formale.

Esemplificando: Ciascun consociato può e deve ritenersi effettivamente titolare di diritti solo se adempie ai corrispettivi doveri costituzionalmente previsti, sia nei confronti dello Stato che delle sue "articolazioni" locali (Comune, Provincia, Regione) che degli altri consociati (in quanto è indispensabile la collaborazione tra uomini e donne per garantire il buon funzionamento dello Stato): tale "modello sociale plurilaterale" è indissolubilmente consustanziale all’organizzazione costituzionale della Repubblica Italiana.

Tale "teorema giuridico" riguarda, però, anche altri sottosistemi minori, considerati quali gangli della vita socio-istituzionale del nostro Paese, come, ad esempio, accade con riferimento ai rapporti tra i consociati ed il sistema giudiziario, che devono attuarsi, reciprocamente, sempre nel rispetto di quanto sancito agli articoli da 24 a 27 della Costituzione della Repubblica Italiana (nonché delle leggi di settore coinvolte caso per caso, nei contenziosi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari, etc).

Tale conclusione si fonda sia sull’articolo 13 della Costituzione della Repubblica Italiana che sull’articolo 6 ("Diritto a un equo processo"), comma primo, primo capoverso e secondo e terzo comma, lett c) della Legge 848/1955 ("Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo", così come modificata dai Protocolli nn. 11 e 14 – Protocolli nn. 1, 4, 6, 7, 12 e 13).

In altri termini: ogni prassi processuale che coinvolge l’uomo o la donna, deve essere attuata dai magistrati, nel rispetto della dignità degli stessi, in quanto la giustizia è "amministrata in nome del popolo".

Fermo, dunque, restando che ogni uomo o donna coinvolto/a, a qualsiasi titolo, in rapporti con la Magistratura, è tenuto/a a collaborare con i meccanismi processuali di natura socio-giuridica e burocratica relativi al funzionamento della Giustizia (contando sull’ausilio tecnico-giuridico dell’ Avvocato, munendolo, in qualità di difensore, di mandato) e che i giudici, essendo soggetti "soltanto alla legge" (art. 101, secondo comma, Cost.), devono esercitare l’attività giurisdizionale entro i confini della legislazione nazionale e comunitaria (quest’ultima operante nel nostro Paese, in virtù del principio del primato del diritto comunitario,ai sensi dell’articolo 10, primo comma, Cost.), giacché l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura non può travalicare tali "confini normativi", a pena di sottoposizione, del magistrato a processo penale, per abuso di ufficio, ai sensi dell’articolo 323 c.p., ne deriva "innestando" tali profili all’interno della tematica delle "ispezioni corporali" (in sede di processo civile e penale), quanto segue: in tali circostanze processuali, l’accesso alla sfera fisica dell’interessato/a è finalizzato a "scopi di giustizia" e quindi da considerare non contrario alle legge, purché esso venga eseguito in maniera non lesiva del decoro e della dignità della persona,evitando cioè di infliggerle, umiliazioni o sofferenze in grado di lederne l’incolumità fisica.

Scendendo nel dettaglio, va osservato che "a norma dell’art. 260 c.p.c. l’ispezione corporale può essere eseguita, per disposizione del giudice istruttore dal solo consulente tecnico", in quanto si tratta di prassi processuale non qualificabile, ai sensi dell’articolo 194 c.p.c., come "mezzo di prova in senso proprio", e perciò resta "sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito" (Cass. Civ., sez. III, 13 Marzo 2009, n. 6155), divenendo, di conseguenza, "non censurabile in sede di legittimità" (Cass. Civ., sez. III, 26 novembre 1993, n. 11687, Visconti c. Mauradinaia).

Qualora tali "cautele processuali" non vengano adottate nel processo civile, la parte lesa potrà, ovviamente, esperire, a mezzo del proprio Avvocato di fiducia, ricorso per Cassazione, per violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma primo,punto n. 3, c.p.c. .

Passando ad esaminare la medesima tematica con riferimento al processo penale, va osservato, con riferimento all’articolo 245 c.p.p. che la medesima prassi a sfondo garantista per il/la perquisito/a, va attuata con le medesime cautele, previste e normativizzate per il processo civile,anzi occorre ancora maggior cautela nell’attuare la relativa procedura nel processo penale, in quanto, per la natura stessa di tale processo, il grado d’invasività sulla sfera fisica (e psichica) dell’interessato/a è obiettivamente maggiore rispetto a quanto accade nel processuale civile.

Non a caso il legislatore, sensibile alle istanze di salvaguardia della sfera fisica (ed anche psichica) della persona (indagata, imputata), ha previsto all’articolo 245, secondo comma, c.p.p. che "l’ispezione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto" . Qualora tali prescrizioni normative non vengano attuate, sarà possibile per l’interessato (l’indagato, l’imputato) esperire, a mezzo del proprio Avvocato di fiducia, ricorso per Cassazione, in quanto l’interessato/a si trova a subire, peraltro in maniera fattivamente distorta ed al di fuori di ogni previsione codicistica, dei provvedimenti incidenti sulla libertà personale, ai sensi dell’articolo 568, secondo comma, c.p.p.

Concludendo, va evidenziato che il garantismo in materia di perquisizione personale è un canone imprescindibile sia in sede di processo civile che di processo penale ed è tutelabile, sia nell’una che nell’altra sede processuale, con ricorso per Cassazione,in caso di violazione delle relative prescrizioni legali dato che, al di là del dato normativo incontrovertibile, casi così delicati che coinvolgono l’interessato/a, nella sua fisicità a 360º gradi, possono essere certamente esaminati minuziosamente e con la dovuta cautela in sede collegiale, laddove risulta oggettivamente più semplice, in virtù della presenza di più persone fisiche muniti delle idonee conoscenze tecnico-giuridiche, considerare tutte le peculiarità del singolo caso, a tutto vantaggio della tutela e della salvaguardia della incolumità fisica dell’interessato/a .

 

BIBLIOGRAFIA

  • Codice Penale e di Procedura Penale e Leggi complementari a cura di Luigi Alibrandi e Piermaria Corso – Ammesso al concorso in magistratura – Trentaduesima edizione – Aggiornato con al riforma della competenza nei processi antimafia (L. 6 aprile 2010, n. 52) Serie: I codici vigenti 2010 (CELT – CasaEditriceLaTribuna).(per la Costituzione)
  • ì Codice di Procedura Civile – Aggiornato con le nuove norme sull’appello (L. sviluppo 7 Agosto 2012, n. 134)  a cura di F. Bartolini - Trentaduesima Edizione – Ammesso alla prova scritta per l’esame di avvocato – Serie: I codici commentati con la giurisprudenza 2012 CELT – Casa Editrice La Tribuna (artt. 260, 261 e 696 e 194 c.p.c.):
  • Art. 194 c.p.c par.a) In genere (Cass. Civ., sez. III, 13 Marzo 2009, n. 6155 Sicilcom S.r.l. c. Assitalia Spa ed altro [RV607649] pag. 757
  • Art 261 c.p.c.
  • (Cass. Civ., sez. III, 26 novembre 1993, n. 11687, Visconti c. Mauradinaia) (pagg.856-857).
  • Art. 360 c.p.c. pag. 1212
  • Codice Di Procedura Penale e Processo Penale Minorile – Aggiornato con le ultime novità normative e giurisprudenziali – a cura di P. Corso - Trentaduesima Edizione – Ammesso alla prova scritta per l’esame di avvocato – Serie: I codici commentati con la giurisprudenza 2012 CELT –Casa Editrice La Tribuna.

 

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